Martedì 21 settembre la Fondazione Centro Studi Doc è intervenuta all’Assemblea di metà mandato di CulTurMedia sul tema delle competenze che serviranno alle cooperative per orientarsi nel lavoro del futuro.

Assemblea di metà mandato di Legacoop CulTurMedia

Martedì 21 settembre si è svolta in forma digitale l’Assemblea di metà mandato di CulTurMedia Legacoop. L’associazione di categoria riunisce oltre 1000 imprese cooperative. Il suo obiettivo è valorizzare e dare voce alle imprese che operano nei settori dei Beni culturali e Spettacolo, nei diversi comparti dell’attività nel Turismo e tutte le aree dell’Informazione e della Comunicazione.

Intitolata “Plurale, coesiva, innovativa. La cooperazione CulTurMedia nella rigenerazione”, l’Assemblea si è sviluppata attorno a due temi principali. Il primo tema è stato il ruolo dell’impresa culturale e creativa per la rigenerazione territoriale e sociale. L’attenzione si è poi spostata sul lavoro e prospettive future, con un focus sul riconoscimento del ruolo sociale dell’artista, del valore del lavoro e dell’innovazione.

Francesca Martinelli, direttrice della Fondazione Centro Studi Doc, è stata invitata a intervenire nello slot “Tutelare il lavoro e innovare le competenze. Sfide cooperative”. Il suo contributo si è concentrato sui cambiamenti in corso nel mondo del lavoro e le strategie formative che le cooperative possono mettere in campo. Di seguito l’intervento completo.

 

 

Francesca Martinelli

Francesca Martinelli, direttrice della Fondazione Centro Studi Doc

Premessa: «Il mondo del lavoro sta cambiando» 

Pensiamo a quante volte abbiamo sentito o letto questa frase negli ultimi tempi… molte più di quello che crediamo. Questa frase che sembra ridondante per chi si avvicina alle tematiche del lavoro, in realtà è un’affermazione che non è mai stata così importante e significativa come ai giorni nostri e la cui portata va attentamente analizzata.

Anche se è noto che la tecnologia ha da sempre modificato le dinamiche del lavoro eliminando posti di lavoro e creandone di nuovi, oggi gli effetti dell’automazione, dell’innovazione digitale e della diffusione delle nuove tecnologie non hanno precedenti e stanno ridisegnando il mercato del lavoro.

In questo quadro, i principali effetti che oggi osserviamo sono:

  1. la de-industrializzazione e l’orientamento verso il settore terziario;
  2. l’esternalizzazione (outsourcing) delle funzioni periferiche da parte delle imprese;
  3. la polarizzazione dei posti di lavoro, cresce cioè il divario tra chi svolge professioni ad alto contenuto intellettuale, come professionisti delle Industrie Culturali e Creative, e basso, come i lavoratori della gig economy. l’economia dei lavoretti su piattaforma.

Quali gli effetti dell’automazione sul mondo del lavoro futuro?

Per quanto riguarda gli effetti sul futuro, diversi studiosi prevedono che:

  • il 65% dei bambini oggi sui banchi di scuola svolgerà una professione che oggi non esiste e almeno 6 mestieri diversi nell’arco della vita;
  • in 10-20 anni, il 47% dei lavori esistenti sarà computerizzato, cioè svolto da una macchina.

Questo numero viene dal celebre studio del 2016 degli economisti Frey e Osborne. Tra i lavori più a rischio troviamo i cassieri, gli autisti o ancora i riparatori di orologi, di macchine fotografiche o di biciclette.

Più preoccupante è quando si risale la classifica e si comprende, che di fatto, quasi tutto il lavoro che oggi svolge la pubblica amministrazione potrà essere automatizzato, così come alcuni compiti legati al mondo dell’educazione e della salute.

A scomparire saranno quindi anche posti di lavoro per i quali si studia o serve esperienza, anche anni talvolta, per svolgerli al meglio. Almeno per quanto riguarda i tempi degli esseri umani.

Quali professioni sopravvivranno al cambiamento? 

Secondo l’OCSE e il World Economic Forum, i nuovi profili richiesti dal mondo del lavoro dovranno essere in grado di sviluppare servizi per tecnologia mobile, intelligenza artificiale, analisi big data e tecnologia cloud.

Pertanto si tratta di figure:

  • sia esperte di tecnologia;

Come data analyst, sviluppatori di app, social media specialist, supervisor di robot, specialisti nella gestione di interfacce uomo-macchina e dei sistemi di intelligenza artificiale, smart city designer, esperti di security.

  • sia con pensiero analitico e critico, creatività, persuasione, resilienza e capacità di problem solving complessi.

Come sales, marketing e customer service professional capaci di analizzare i dati; change manager; specialisti di team working; designer esperti di interazione uomo-macchina e user experience digitale.

Mondo del lavoro del futuro: quali competenze?

Quello che si evince da queste figure è che le competenze tecnologiche (hard skills) dovranno basarsi su quelle creative e sociali, le cosiddette soft/human skills che rientrano nel mondo delle competenze “umanistiche”.

Anche Frey e Osborne, alla fine della loro analisi sostenuta da incrocio di dati e modelli matematici, hanno affermato che i lavoratori con poche abilità saranno riassegnati a compiti che non sono suscettibili all’informatizzazione, cioè attività che richiedono intelligenza creativa e sociale.

Questa stessa constatazione è stata condivisa anche da numerosi sociologi, tra cui Domenico De Masi che, nell’opera del 2018, Il lavoro nel XXI secolo, sostiene che già nel 2030 il 50% degli occupati saranno i lavoratori creativi che abiteranno un mondo dove «i nuovi mezzi di produzione sono le idee».

Al di là che la prospettiva di De Masi, cioè del 2030, si avveri esattamente in quell’anno, tutto questo ci riguarda già, e con la pandemia ciò è diventato più evidente per tutti. Pertanto il mondo cooperativo per non restare indietro deve guardare avanti e mettere le persone che lavorano nella condizione di esprimere al meglio se stesse. La soluzione più semplice e a portata di mano è quella di offrire programmi di formazione continua. Programmi specifici su hard skills e soft skills possono permettere di superare il rischio dell’obsolescenza delle competenze per i lavoratori più anziani o per i lavoratori con competenze meno digitali o non legate ad ambiti innovativi. Ovviamente tutto questo per evitare il rischio che alcune persone si trovino tagliate fuori dal mercato del lavoro o anche imbrigliate nelle maglie della gig economy.

Mondo del lavoro del futuro, cooperative ed Europa

A proposito di questo, il Parlamento Europeo ha appena adottato una relazione sulle condizioni di lavoro, i diritti e la protezione sociale dei gig workers nella quale evidenzia il potenziale del modello cooperativo nel garantire un lavoro dignitoso a chi lavora nella gig economy (più info qui). Questa buona notizia dall’Europa dimostra che la cooperazione è già sulla strada giusta non solo per rispondere alle nuove esigenze del mercato del lavoro ma anche per tutelare e valorizzare il lavoro di tutti.

 

Vuoi approfondire?

Clicca qui per leggere il saggio:

F. Martinelli, Pegasus company. Un modello innovativo di cooperazione in Europa, in R. Morese (ed.), La Persona Il Lavoro, 1° Annuario dell’Associazione Astrolabio del Sociale Premio Pierre Carniti, Edizioni Lavoro, Roma 2019, pp. 103-178.